Come misurare l’attività cerebrale nelle persone

Il cervello è difficile da studiare non solo per la sua complessità intrinseca; i miliardi di neuroni, le centinaia o migliaia di tipi di neuroni, i trilioni di connessioni. Il cervello funziona anche su diverse scale, sia in senso fisico che nel dominio del tempo.

Per capire l’attività elettrica del cervello a queste scale, nessuna tecnologia è sufficiente. Di conseguenza, i neuroscienziati hanno una serie di strumenti a loro disposizione. Alcuni di questi, come la fMRI e l’EEG, possono essere usati negli esseri umani perché non sono invasivi; lavorano guardando nel cranio.

Ma questi strumenti soffrono di una mancanza di dettagli. Per ottenere un quadro più microscopico dell’attività dei neuroni, i ricercatori si rivolgono a modelli animali. Questo permette di analizzare il comportamento dei singoli neuroni, o di piccoli gruppi di neuroni, in modo molto più dettagliato.

Risonanza magnetica funzionale (fMRI)

La risonanza magnetica funzionale, o fMRI, potrebbe essere la tecnologia più conosciuta per registrare l’attività neurale, ma in realtà non registra l’attività dei neuroni – invece, le immagini multicolori che vedi di particolari regioni del cervello illuminate riflettono il flusso di sangue nel cervello. Più precisamente, il segnale che si vede riflette la presenza relativa di sangue ossigenato rispetto a quello deossigenato; le regioni attive richiedono più sangue ossigenato, e così, nonostante sia indiretta, la fMRI permette agli scienziati di dedurre i modelli di attività dei neuroni.

la fMRI è diventata un punto fermo della moderna ricerca neuroscientifica perché permette di correlare l’anatomia del cervello (ottenuta da una scansione MRI strutturale, piuttosto che funzionale) e la funzione nell’uomo. Ma ha dei limiti. Sia le risoluzioni spaziali (~1 mm3, relative alla posizione) che quelle temporali (~1-2 sec, relative al tempo) sono povere rispetto a ciò che vorremmo; un millimetro cubo contiene circa 60.000 neuroni – abbastanza per sostenere l’intera vita di un moscerino della frutta o di un’aragosta – e le decisioni percettive complesse richiedono solo centinaia di millisecondi, ma la fMRI non fornisce accesso a queste informazioni.

Ciononostante, la fMRI permette uno sguardo senza rivali su dove e in che misura le diverse funzioni possono essere localizzate all’interno del cervello umano, e i ricercatori continuano a escogitare modi per migliorare la sua risoluzione spaziale e temporale, per esempio rendendo la tecnica sensibile ai cambiamenti neuronali piuttosto che ai cambiamenti nel flusso sanguigno. Nessuna tecnica attuale eguaglia la fMRI per la sua capacità di “mappare”, o determinare la probabile fonte della funzione cognitiva all’interno del cervello umano.

Elettroencefalografia (EEG)

L’elettroencefalografia, o EEG, è probabilmente la seconda tecnica più conosciuta per registrare l’attività neurale. Mentre la fMRI registra il flusso sanguigno, un indicatore dell’attivazione dei neuroni, l’EEG registra direttamente l’attività elettrica del cervello tramite elettrodi posti sul cuoio capelluto del soggetto.

Tuttavia, l’EEG non registra i potenziali d’azione, gli eventi elettrici che i neuroni usano per comunicare tra loro. Invece, rileva l’attività sommata di centinaia di migliaia o milioni di neuroni sotto forma di attività oscillatoria. A differenza dei potenziali d’azione, non si sa quali informazioni queste oscillazioni portino effettivamente, ma diverse frequenze di oscillazione sono correlate a diversi stati comportamentali.

L’EEG ha una “risoluzione temporale” molto superiore alla fMRI (~1 ms contro 1 sec). A causa di questo, l’EEG può essere usato per tracciare più accuratamente le dinamiche neurali negli esseri umani svegli, ed è spesso usato per determinare la risposta elettrica del cervello a uno stimolo o condizione.

La principale limitazione dell’EEG è la sua scarsa risoluzione spaziale, molto più scarsa di quella della fMRI. Anche se è noto che i segnali EEG provengono solo dalla corteccia cerebrale, rimane estremamente difficile sapere con precisione dove nella corteccia nascono i segnali.

Inoltre, il suo bias corticale significa che non possiamo usarlo per misurare ciò che accade nell’ippocampo, dove molti ricordi sono fatti e memorizzati, o nella substantia nigra o nello striato, regioni colpite dal morbo di Parkinson. Quindi, a differenza della fMRI, la mappatura dell’attività non è realmente possibile con l’EEG.

Elettrocorticografia (ECoG)

L’elettrocorticografia è simile all’EEG in quanto misura l’attività combinata di milioni di neuroni, spesso sotto forma di onde oscillatorie. Ma ci sono due grandi differenze. In primo luogo, l’ECoG richiede l’inserimento dell’array di elettrodi sotto il cuoio capelluto, e quindi richiede un intervento chirurgico. Per questo motivo, l’ECoG è adatto solo per i pazienti già programmati per un intervento medico che comporta l’apertura dello scalpo.

In secondo luogo, l’ECoG permette una localizzazione significativamente migliore della fonte di attività, così come la registrazione di attività elettrica a più alta frequenza. Entrambe queste caratteristiche aiutano durante la chirurgia dell’epilessia, ma per scopi di ricerca pura, la tecnica è troppo invasiva per essere usata negli esseri umani che non richiedono già un intervento chirurgico al cervello.

Sommario

Gli neuroscienziati sono giustamente limitati nel tipo di approcci che possono usare per studiare l’attività del cervello umano. Tuttavia, finora non esiste alcuna tecnologia che permetta di registrare l’attività dettagliata dei neuroni attraverso il cranio umano, il che significa che le misure che possiamo prendere danno informazioni abbastanza grossolane su come funziona il nostro cervello. Questi limiti di risoluzione spaziale e temporale saranno senza dubbio migliorati nel prossimo futuro, consentendo misurazioni più precise e una maggiore comprensione dell’attività del cervello umano. Inoltre, approcci complementari che permettono l’interruzione temporanea dell’elaborazione neuronale ci aiuteranno a capire quali tipi di disfunzioni cerebrali regionali potrebbero portare ai deficit cognitivi associati ai disturbi mentali.

Laboratori QBI con fMRI

  • Professore Jason Mattingley
  • Professore associato Ross Cunnington
  • Professore Tianzi Jiang

Laboratori QBI utilizzando EEG

  • Professore Jason Mattingley
  • Professore associato Ross Cunnington