Commento a Atti 11:1-18

Secondo diversi interpreti, c’è un’apparente ridondanza in questo passaggio.

L’episodio di Cornelio e i suoi effetti sono stati al centro fin dall’inizio del capitolo 10. Abbiamo capito il punto! Dio sta accettando i gentili senza il requisito che essi partecipino al giudaismo.

Ma questa non è solo una ripetizione per amore della ripetizione. Ogni volta che l’accettazione dei Gentili viene trasmessa, un aspetto diverso traspare, a seconda del pubblico e della situazione particolare. La costante rimane, comunque, nel fatto che ogni racconto si concentra sull’iniziativa di Dio attraverso lo Spirito e i suoi effetti.

Possiamo vedere in questo lungo racconto dell’accettazione dei gentili che la novità che risulta dall’opera dello Spirito ha diversi lati e viene lentamente in fasi. Pietro sperimenta prima la visione da parte di Dio che rovescia le categorie di pulito e impuro che hanno modellato la sua esistenza (Atti 10:1-23). Anche le cose più care non sono immuni dalla novità che risulta dalla risurrezione. Poi la realizzazione di Pietro viene verbalizzata nella proclamazione ai Gentili. L’effetto non è solo per Pietro di vedere le cose in modo diverso; è per il beneficio della partecipazione dei Gentili alla salvezza di Dio (10:23-48). Non solo Pietro è cambiato, ma la relazione dei Gentili con Dio è cambiata.

La presente pericope è la terza ondata, che lentamente erode il muro che impedisce ai Gentili di partecipare alle acque della salvezza. Questa volta la situazione riguarda quelli di Gerusalemme, il centro percepito di autorità della chiesa primitiva. Quando Pietro arriva a Gerusalemme, non chiedono nemmeno dei gentili. Mettono in dubbio le azioni di Pietro: “Così hai mangiato un pasto insieme ai gentili, hmmm?”. L’accusa è chiara. Erano preoccupati di assicurarsi che Pietro si stesse comportando come un ebreo corretto, mantenendo la sua identità come uno del popolo santo di Dio.

La situazione è quasi tanto umoristica quanto tragica. Per il lettore della narrazione, la preoccupazione di quelli a Gerusalemme sembra mancare selvaggiamente il punto. Lo Spirito Santo aveva appena abbattuto le comuni e incontestate valutazioni dell’umanità basate sull’etnia e sulla società, e i “capi” di Gerusalemme sono preoccupati che Pietro abbia mangiato nella casa di un gentile. Questa storia mette il lettore nella posizione di riconoscere la superficialità della preoccupazione dei gerosolimitani. Suggerisce anche che il cambiamento non inizia sempre dall’alto percepito dove ci si potrebbe aspettare. Le autorità percepite stanno giocando a rimpiattino con l’opera di Dio.

Il valore di condividere pubblicamente l’esperienza
Spesso il discorso di Pietro viene classificato come un discorso di difesa o un pezzo di retorica forense. Mentre formalmente può essere questo, la storia ci invita anche a vedere la risposta di Pietro come più pastorale che argomentativa. Non ci sono parole fantasiose e teologicamente cariche. Non discute la Scrittura con loro. Non discute con la loro lente ermeneutica sottostante. Il versetto quattro dice che Pietro “spiegò… passo dopo passo” la sua esperienza dell’opera di Dio tra i gentili. Formalmente, forse è retorica forense, ma l’appello è all’esperienza – la sua esperienza di Dio e della ricezione dello Spirito da parte dei gentili. “Lasciate che vi racconti una storia…”

Negli Atti la condivisione pubblica di esperienze personali di Dio è una parte vitale della continua proclamazione della buona notizia. Da un lato, l’esperienza di Dio arriva attraverso canali atipici; non ha bisogno della convalida dei capi della chiesa. Mentre il punto generale del racconto di Luca sembra mostrare l’accoglienza positiva da parte di quelli di Gerusalemme, il loro accordo non è necessario, proprio come l’accordo della leadership ebraica non era necessario in Atti 5. Tuttavia, nel racconto l’avanzamento dell’opera di Dio avviene attraverso la testimonianza di Pietro della sua esperienza. La sua esperienza avrebbe un valore limitato se non la condividesse con il resto della comunità di fede.

Hanno “accettato” la parola di Dio
Il resoconto di Pietro in questo passo è preceduto dall’affermazione: “I Gentili hanno ricevuto la parola di Dio”. Notate anche che mentre i capi di Gerusalemme erano concentrati sulle azioni di Pietro, Pietro attira l’attenzione sull’attività di Dio tra i Gentili. Non spiega se stesso di fronte alle loro accuse; spiega l’attività di Dio.

Sia la scena precedente in Atti 10 che il presente discorso di Pietro menzionano “accettazione”. In Atti 10 Dio “accetta” tutti coloro che temono Dio e operano la giustizia; qui i Gentili ricevono o “accettano” la parola di Dio. La stessa radice greca è usata in entrambi i casi. Non solo questo, ma il punto della nostra presente pericope sembra essere quello di mostrare anche l’accettazione da parte dei capi della nuova opera di Dio. Sia l’accettazione dei Gentili che quella dei capi dell’iniziativa di Dio sono al centro di questa pericope. Ma l’accettazione significa qualcosa di leggermente diverso per entrambe le parti. I Gentili accettano il logos di Dio che risulta nella loro partecipazione alla comunità di salvezza. Anche i capi accettano questo messaggio, ma la loro accettazione avviene attraverso l’accettazione dei gentili come compagni di tavola, non solo un assenso mentale alla verità del messaggio.

È un dono
Peter sottolinea che ciò che sia i gentili che i credenti ebrei hanno in comune è un dono di Dio. Non è immediatamente chiaro quale sia questo dono. Potrebbe essere lo Spirito Santo; potrebbe essere il pentimento che porta alla vita; potrebbe essere la salvezza. Mentre l’opera dello Spirito sembra essere il referente primario, io suggerirei anche tutto quanto sopra. La donazione dello Spirito Santo, del pentimento alla vita e della salvezza sono in relazione tra loro; ricevere uno è ricevere tutto. L’importanza è di nuovo sull’iniziativa di Dio come datore del dono.

La testimonianza di Pietro rende pubblica la sua esperienza personale e la sua esperienza della fede degli altri. La condivisione dell’esperienza in questo caso trasforma e porta alla glorificazione condivisa di Dio (11,18). Il dono di Dio per tutti non è sempre condiviso o comunicato con espressioni “teologicamente corrette”. Spesso non si adattano alle categorie teologiche stabilite o non arrivano attraverso i canali tipici. Ma testimoniano la natura fondamentalmente umana del modo in cui Dio irrompe. Alla sua radice, la buona notizia non è una verità teologica universalizzata a cui credere, ma un’esperienza di Dio che ci attira nella confessione e glorificazione corporativa e condivisa di Dio. “Sapete cosa sta facendo Dio? Lasciate che ve lo dica…”

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