Erode Archelao
Giuseppe scrive che Erode il Grande (padre di Archelao) era a Gerico al momento della sua morte. Poco prima del suo ultimo viaggio a Gerico, era profondamente coinvolto in una conflagrazione religiosa. Erode aveva posto un’aquila d’oro sopra l’ingresso del Tempio, che fu percepita come blasfema. L’aquila fu abbattuta con delle asce. Due maestri e circa 40 altri giovani furono arrestati per questo atto e immolati. Erode difese le sue opere e offrì un attacco ai suoi predecessori, gli Asmonei dinastici. Erode uccise tutti i successori in linea maschile degli Asmonei. I farisei avevano da tempo attaccato anche gli Asmonei, come se avessero avuto una discendenza dai greci mentre erano sotto schiavitù. Questo insulto razziale fu ripetuto dai farisei durante il governo di Alessandro Gennaro e della regina Salomè.
Con questo esplicito background dato, Giuseppe inizia un’esposizione dei giorni del regno di Archelao prima della Pasqua del 4 a.C. Archelao si vestì di bianco e salì su un trono d’oro e sembrò essere gentile con la popolazione di Gerusalemme per placare i loro desideri di tasse più basse e la fine dell’imprigionamento (politico) dei nemici di Erode. A un certo punto il contegno dell’interrogatorio sembrò cambiare, e la folla cominciò a chiedere la punizione di quelli del popolo di Erode che avevano ordinato la morte dei due maestri e dei 40 giovani. Chiesero anche la sostituzione del sommo sacerdote, dal sommo sacerdote nominato da Erode a un sommo sacerdote “di maggiore pietà e purezza”. Giuseppe non dice chi sarebbe stato “di maggiore pietà e purezza”. A questa richiesta, tuttavia, Archelao acconsentì, anche se si stava arrabbiando per le presunzioni delle folle. Archelao chiese moderazione e disse alle folle che tutto sarebbe andato bene se avessero messo da parte le loro animosità e aspettato che fosse confermato come re da Cesare Augusto.
Archelao partì quindi per festeggiare con i suoi amici. Si fece sera e, con il calare delle tenebre, un lutto e un lamento cominciarono ad avvolgere la città. Archelaus cominciò a preoccuparsi perché la gente cominciava ad affluire nella zona del Tempio e quelli che piangevano per la perdita dei maestri continuavano il loro lutto molto forte. La gente stava aumentando il suo comportamento minaccioso. La traduzione di Henry St. John Thackeray di Josephus qui lo afferma così: “I promotori del lutto per i dottori stavano nel corpo del tempio, procurando reclute per la loro fazione”. Giuseppe non ci dice chi potevano essere questi “promotori del lutto”, che reclutavano all’interno di un corpo all’interno del Tempio.
Archelao mandò allora un generale, alcune altre persone e infine un “tribuno al comando di una coorte” a ragionare con questi “sedizionisti”, per far cessare le loro “innovazioni” e aspettare che Archelao potesse tornare da Roma e da Cesare. Quelli che venivano da Archelao venivano lapidati, e molti uccisi. Dopo la lapidazione, coloro che lapidarono i soldati tornarono ai loro sacrifici, come se nulla fosse accaduto. Giuseppe non dice chi eseguì i sacrifici nel Tempio. Era passata la mezzanotte, e Archelao improvvisamente ordinò all’intero esercito di entrare in città per raggiungere il Tempio. Giuseppe registra un bilancio di 3000 morti. Archelao mandò araldi intorno alla città annunciando l’annullamento della Pasqua.
Archelao salpò rapidamente verso Cesare e affrontò un gruppo di nemici – la sua stessa famiglia. Antipas, il fratello minore di Archelao che era stato deposto dalla volontà di Erode giorni prima, sosteneva che Archelao si limitava a fingere il dolore per suo padre, piangendo durante il giorno e coinvolgendo con grande “allegria” durante le notti. Le minacce messe in atto da Archelao, che si conclusero con la morte di 3000 persone nel Tempio, non erano solo minacce ai fedeli di Gerusalemme durante la Pasqua, ma equivalevano anche a una minaccia a Cesare stesso, poiché Archelao si comportava in tutto e per tutto da Re, prima che tale titolo fosse stato dato da Cesare.
A questo punto, Nicolao di Damasco sostenne a Cesare che Archelao aveva agito in modo appropriato e che il testamento di Erode, presumibilmente scritto poche settimane prima (cedendo la regalità ad Archelao e contro Antipatro), doveva essere considerato valido. Il cambiamento di questo testamento a favore di Archelao è dato come la vera scelta di Erode e, si sostiene, è avvenuto con Erode che era nel pieno delle sue facoltà mentali dato che ha lasciato la decisione finale a Cesare. Il cambiamento del testamento appare come uno degli ultimi atti di Erode ed è attestato da Gerico da un certo “Tolomeo”, custode del sigillo di Erode. Nicholaus di Damasco era stato per anni il confidente di Erode. Era fedele a Roma. Tolomeo era il fratello di Nicholaus di Damasco.
Archelaus, alla conclusione delle discussioni, cadde ai piedi di Cesare. Cesare lo sollevò e dichiarò che Archelao “era degno di succedere a suo padre”. Cesare diede ad Archelao il titolo di Etnarca e divise il regno. Roma avrebbe consolidato il suo potere più tardi.
Così, Archelao ricevette la Tetrarchia di Giudea attraverso l’ultima volontà di suo padre, anche se un testamento precedente l’aveva lasciata in eredità a suo fratello Antipa. Fu proclamato re dall’esercito, ma rifiutò di assumere il titolo finché non avesse presentato le sue pretese a Cesare Augusto a Roma. A Roma fu osteggiato da Antipa e da molti Giudei, che temevano la sua crudeltà, basata sull’uccisione di 3000; ma nel 4 a.C. Augusto gli assegnò la maggior parte del regno (Samaria, Giudea e Idumea) con il titolo di etnarca (un governante di un gruppo etnico).
La prima moglie di Archelao è data da Giuseppe semplicemente come Mariamne, forse Mariamne III, figlia di Aristobulo IV, da cui divorziò per sposare Glaphyra. Era la vedova del fratello di Archelao, Alessandro, anche se il suo secondo marito, Giuba, re di Mauretania, era vivo. Questa violazione della legge mosaica, insieme alla continua crudeltà di Archelao, suscitò l’ira degli ebrei, che si lamentarono con Augusto. Archelao cadde in discredito e fu deposto nel suo decimo anno di regno come etnarca, venendo esiliato a Vienna (oggi Vienne) in Gallia. La Samaria, la Giudea propriamente detta e l’Idumea divennero la provincia romana della Iudaea.