Grave Sight

L’Andy Warhol Museum ha istituito una webcam 24 ore su 24 sulla tomba dell’artista, vicino alla sua città natale, Pittsburgh. L’idea è venuta un anno fa al direttore del museo, Eric Shiner, in conversazione con il C.E.O. di EarthCam, Brian Cury. Cury cita i suoi incontri con Warhol durante l’ultimo anno dell’artista, il 1987, come ispirazione per la sua attività, fondata nel 1996, di mantenere occhi di telecamera insonni in tutto il mondo. Shiner ha consultato i parenti sopravvissuti di Warhol e la chiesa cattolica bizantina St. John Chrysostom, che possiede il cimitero. Nessuno si è opposto.

L’altro giorno, sotto un tenue sole, il vento ha fatto frusciare dei fiori e ha fatto rimbalzare dei palloncini di elio Mylar intorno alla piccola lapide, sulla quale si trovavano otto lattine di Campbell’s Soup (il sito web permette di ordinare altre offerte; vi verrebbe data un’ora del giorno per osservarne la consegna). Altre ventiquattro pietre erano visibili. Piccole bandiere americane sventolavano su due, sicuramente di veterani. I nomi leggibili includevano Jaczesko e Mascenik. Una grande lapide appena dietro quella di Andy, quella di sua madre e suo padre, portava il suo nome di nascita, Warhola.

Vedi di più

Era di origine immigrata slovacca, classe operaia. Il suo aspetto alieno si spiega semplicemente. Una volta rivelato il suo talento, al Carnegie Tech alla fine degli anni Quaranta, è passato dall’essere marginale, in fondo alla società, all’essere marginale, in cima. Non ha passato il tempo tra la maggioranza di noi, nel mezzo. La sua visione delle cose da artista ricco era identica a quella che aveva avuto da ragazzo povero, solo proiettata da una direzione opposta.

Ho cercato motivi per snobbare la trovata della webcam. Non me ne viene in mente nessuna. Insieme a più o meno tutti gli altri, la trovo warholiana per la, beh, vita: guardare la dimora attuale di un uomo che amava guardare. Warhol è stato il pioniere dei film di soggetti immobili; e dobbiamo ringraziarlo, o no, per aver profetizzato la televisione dei reality. La sua inclinazione a guardare rigorosamente divenne, e rimane, un’impostazione predefinita della cultura artistica e popolare assolutamente ovunque.

Inoltre, la morte gli andava bene. Le sue prime immagini ne cantano: incidenti d’auto mortali, salti suicidi, la sedia elettrica, il funerale di J.F.K., un incidente aereo, la bomba atomica, vittime di avvelenamento accidentale da botulismo e, naturalmente, l’agnello sacrificale e l’angelo aleggiante della fama, Marilyn Monroe. Warhol ha conferito ai soggetti defunti l’immortalità dell’arte, intesa come pubblicità permanente. Al di là dell’iconicità, i quadri sono icone nel modo bizantino – collegamenti diretti all’eternità – che è venuto a Warhol naturalmente dalla sua educazione e dalla sua osservanza mai interrotta come cattolico ortodosso orientale.

Non bisognava morire per beneficiare dell’effetto Warhol, come testimoniano i suoi molti ritratti commissionati, ma solo essere sfiorati dall’ala della fama. Ha chiarito che la celebrità e il glamour equivalgono a un’imbalsamazione accelerata. Non è un attributo, è una condizione. I suoi soggetti sono tutti uguali, fissati in uno sguardo affamato e gelido. La fama privilegia i morti, che sono immuni dal dolore di sopravvivere.

“Famoso per quindici minuti” implica: al sedicesimo minuto, vaffanculo.

Secondo l’opinione generale, Warhol avrebbe voluto la telecamera della tomba, anche se ciò espone alla violazione di un suo desiderio scritto: “Ho sempre pensato che mi sarebbe piaciuto che la mia lapide fosse vuota. Nessun epitaffio e nessun nome. Beh, in realtà, mi piacerebbe che ci fosse scritto ‘figurazione'”. Non suona strano questo elegante drollery, da parte del monosillabico Andy? Ho il sospetto che sia stata partorita da qualcuno della sua cerchia – di solito si appropriava delle idee altrui – e forse è stata modificata da lui stesso da “figment of the imagination”. Pur essendo molto inventivo, Warhol era preminentemente un genio della selezione.

Quando ti dici “figment” un po’ di volte, comincia a sembrare il nome di un cibo.

C’è un precedente artistico per l’aspetto del progetto che è morboso: “Audio-Video Underground Chamber” di Bruce Nauman (1974-75). Una scatola di cemento simile a una bara, sepolta fuori da uno spazio artistico, contiene una luce, una videocamera e un microfono. Su un monitor, si vede e si sente in tempo reale quello che succede lì dentro, che è quello che ci si aspetterebbe: niente.

Poi c’è il subdolo scatto d’addio di Marcel Duchamp di un epitaffio, sulla sua lapide a Rouen: “D’ailleurs, c’est toujours les autres qui meurent” (“A proposito, sono sempre gli altri a morire”). Pensateci troppo a lungo, e sorge un filo di dubbio su chi è o non è morto. L’oratore sotto la pietra rimane molto più intelligente e divertente di voi e di me, per certo.

Nelle parole che precedono la sua citazione “figment”, Warhol si chiedeva perché, morendo, “non sei semplicemente svanito, e tutto poteva continuare come prima, solo che tu non c’eri”. Questo è illuminante e spaventoso. È l’autovalutazione di uno spettatore puro, del tutto privo di legami con ciò di cui è stato testimone. La sua scomparsa ha semplicemente rimosso un paio di occhi e orecchie tra i miliardi del mondo. Questo può puzzare di falsa modestia; ma penso che distilla un segreto del potere desolato e desolante di Warhol.

Il miglior scherzo del 1975 ha coinvolto il Generalissimo Francisco Franco, la cui prolungata morte aveva reso monotoni i titoli dei giornali sulla sua condizione. Ogni sabato sera per settimane, dopo che il poco amato spagnolo alla fine soccombeva, Chevy Chase riportava una qualche variazione della notizia flash, “Francisco Franco è ancora morto”. In parte, la risata era sull’untuosa solennità dei conduttori televisivi. Ma faceva anche il solletico, riffando con leggerezza su un bel punto della morte: i morti sono sempre attuali.

Si capisce che nessuno può essere migliore di un altro a essere morto. Ma è difficile ricordarlo quando si controlla la tomba di Warhol. (Oggi ci sono altri due barattoli di zuppa e un’altra, forse opportunistica, bandiera americana nelle vicinanze). Qui giace un uomo che ha avuto un’insolita quantità di pratica nella morte, con conseguenze straordinarie, mentre era ufficialmente vivo.

Dite quello che volete di lui.

E’ lì per noi.