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Se mi guardaste dall’esterno, come un estraneo o uno spettatore, molto probabilmente non lo sapreste mai. Se sei un mio amico fidato e stretto, l’unico motivo per cui potresti saperlo è il semplice fatto che mi sono sentito abbastanza a mio agio da aprirmi con te. Riguardo alle dilaganti torsioni e giravolte della mia mente. La battaglia costante. Per sistemare e calmare la preoccupazione incessante. Correre intorno alla pista a circuito chiuso nella mia testa, ancora e ancora e ancora e ancora. Ma molti, a meno che non siano intimamente vicini, non hanno idea di quanto possa essere intensa questa battaglia quotidiana. La mia “faccia felice”. Facendo gli straordinari per tenere a bada questa bestia di sette lettere. E per mantenere i sorrisi. Anche quando le mie interiora sono in loop. Intrecciando. Impigliate in un inimmaginabile ammasso annodato.
Vedete, sono stato testa a testa con questo mostro per oltre 30 anni. Come una partita a “Colpo di talpa”. Come una paura si ritira, un’altra spunta fuori senza alcun preavviso o avviso. Mi ci sono voluti poco più di 28 anni, quattro mesi dopo il parto della nostra figlia maggiore per rendermi conto di quanto questo demonio fosse davvero un ladro spietato. Completamente implacabile. Rubandomi innumerevoli, bellissimi ricordi e pietre miliari con la nostra preziosa figlia di 4 mesi. Questo bruto stava vincendo più di quanto avrei mai voluto ammettere. Ma con l’esaurimento totale e la depressione che mi stavano sopraffacendo la mente e il corpo, sapevo di aver raggiunto uno dei punti più bassi concepibili con la mia lotta.
E poi è successo.
Un gelido, nevoso, cupo pomeriggio di dicembre, mi ero messa sotto, cercando di prendermi la cura di un’amata vita neonata, tutto dal mio io timoroso e protettivo, come una prima volta mamma. Quando mi sono resa conto, con ogni parte del mio cuore e del mio corpo, che stavo rapidamente perdendo la mia crociata contro questo orco che prosciuga la vita.
E con le lacrime che mi scorrevano sul viso, in una conversazione molto schietta con la mia fantastica mamma, ho fatto la confessione di una vita. Parole che non dimenticherò mai e poi mai:
“Sento che non posso mai essere felice. Perché quando comincio a sentirmi felice, se abbasso la guardia e respiro davvero la bellezza della vita, sono pietrificata che succeda qualcosa di brutto. Mi sento letteralmente come se non riuscissi a prendere fiato. Passo da preoccupazione a preoccupazione a preoccupazione, senza un respiro in mezzo. Nessuna pausa. Nessuna gioia.”
E quella paura? Quella paura di essere felice? Anche se le due parole insieme sembrano creare una specie di ossimoro, creano sentimenti così genuini, fin troppo familiari a così tanti che lottano sia con l’ansia che con la depressione.
Combattere questo bandito inflessibile? Può diventare niente meno che un compito assolutamente estenuante. Un lavoro a tempo pieno. Semplicemente respirare. Inspirare. Ed esistere.
Ultimamente, mi sono trovato in un tratto di vita in cui respirare è stato un po’ più facile. E quei tratti? Quelli sono i più difficili e spaventosi di tutti, anime belle, perché sono i momenti in cui la vulnerabilità si insinua di nuovo. Insieme al gioco mentale: “Le cose stanno davvero andando meravigliosamente in questo momento, eh? Ti stai divertendo? Non dovresti sentirti troppo a tuo agio dove sei ora. Non durerà a lungo. Sai che qualcosa di spaventoso e imprevedibile sta per accadere molto presto.”
E poi, il “flip.”
Il cambiamento.
Dalla gioia alla paura.
In un istante.
Questi pensieri assillanti e incessanti si riversano di nuovo. Perché è arrivato di nuovo il momento che qualcosa vada storto.
Ma il mio messaggio per voi, amici belli? Non abbandonate la speranza. Respingete. Con l’e.v.e.r.y.t.h.i.n.g. che avete nel profondo di voi. Sepolto nel vostro cuore stanco e nell’anima. Grida ad alta voce se devi… “Tu non mi ‘possiedi’! Tu non ‘possiedi’ i miei pensieri. Tu non ‘possiedi’ le mie emozioni! Mi è permesso essere felice! E tu non mi porterai via questo momento!”.
Sappiatelo, ci vorrà pratica. Non vi direi mai che sarà facile respingere questo bullo. Perché non lo sarà. Ma dopo 30 anni di andare di round in round con questo mostro spietato, sta cominciando a capire che non sono più una schiappa. C’è troppa gioia e bellezza in gioco nel nostro breve tempo qui sulla Terra. E sono intenzionalmente determinato ad avere un record vincente.
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Foto di Serghei Starus