Alessandro Moreschi

Direttore di Moreschi alla Sistina era Domenico Mustafà, anch’egli un tempo ottimo soprano castrato, che si rese conto che Moreschi era, tra l’altro, l’unica speranza per la continuazione della tradizione sistina di eseguire la famosa impostazione del Miserere di Gregorio Allegri durante la Settimana Santa. Quando Moreschi si unì al coro della Sistina, c’erano ancora altri sei membri castrati, ma nessuno di loro era in grado di sostenere la tassativa tessitura da soprano di quest’opera. Lo status di star di Moreschi a volte sembra avergli fatto girare la testa: “Il comportamento di Moreschi era spesso abbastanza capriccioso da fargli dimenticare un comportamento professionale adeguato, come nell’occasione in cui, dopo un concerto, sfilò tra la folla come un pavone, con una lunga sciarpa bianca, per essere congratulato…”

Il Coro della Cappella Sistina era gestito secondo linee tradizionali vecchie di secoli, e aveva un rigido sistema di gerarchie. Nel 1886, il castrato più anziano, Giovanni Cesari, si ritirò, e fu probabilmente allora che Moreschi assunse la direzione dei concertisti. Nel 1891 Moreschi divenne segretario puntatore, responsabile del registro giornaliero delle attività del coro, e l’anno successivo fu nominato maestro pro tempore, un incarico prevalentemente amministrativo che si occupava di convocare le riunioni del coro, fissare le prove, concedere permessi e simili. Durante questo anno, Alessandro fu anche responsabile della supervisione del corretto svolgimento dei compiti del coro nella Cappella Sistina. Artisticamente parlando, il lavoro lo coinvolse nella scelta dei solisti e nello sviluppo del repertorio. L’intero periodo fu un periodo di grandi sconvolgimenti all’interno dell’organizzazione del coro Sistina e della musica cattolica in generale: il movimento riformatore noto come Cecilianesimo, che era nato in Germania, stava cominciando a far sentire la sua influenza a Roma. Le sue richieste che la musica della Chiesa tornasse alle due basi del canto gregoriano e della polifonia di Palestrina erano una minaccia diretta sia al repertorio che alla pratica della Cappella Sistina. Mustafà resistette, ma il tempo era contro di lui. Nel 1898 festeggiò i cinquant’anni della Sistina, ma nominò anche Lorenzo Perosi Direttore Perpetuo congiunto. Questo prete 26enne di Tortona in Piemonte si rivelò una vera spina nel fianco di Mustafà. Moreschi fu un testimone silenzioso delle lotte tra le forze della tradizione e della riforma, ma fu anche coinvolto in questioni secolari: il 9 agosto 1900, su espressa richiesta della famiglia reale italiana, cantò al funerale del re Umberto I, appena assassinato. Ciò fu tanto più straordinario in quanto il Papato non aveva ancora alcun contatto formale con lo stato laico italiano, che considerava un mero usurpatore (vedi Unità d’Italia).

Nella primavera del 1902, in Vaticano, Moreschi fece la prima delle sue registrazioni per la Gramophone & Typewriter Company di Londra. Fece altre registrazioni nel 1904: ci sono diciassette brani in tutto. Tra queste due sessioni si verificarono alcuni eventi fatidici: nel 1903 l’anziano Mustafà andò finalmente in pensione, e pochi mesi dopo morì Papa Leone XIII, un forte sostenitore della tradizione sistina. Il suo successore fu Papa Pio X, un altrettanto potente sostenitore del cecilianesimo. Uno dei primi atti ufficiali del nuovo pontefice fu la promulgazione del motu proprio Tra le sollecitudini, che apparve, in modo appropriato, il giorno di Santa Cecilia, il 22 novembre 1903. Questo fu l’ultimo chiodo nella bara di tutto ciò che Mustafà, Moreschi e i loro colleghi rappresentavano, poiché uno dei suoi decreti affermava: “Ogni volta che … è desiderabile impiegare le voci alte dei soprani e dei contralti, queste parti devono essere prese da ragazzi, secondo l’uso più antico della Chiesa”. Perosi, un fanatico oppositore dei castrati, aveva trionfato e Moreschi e i suoi pochi colleghi rimasti dovevano essere mandati in pensione e sostituiti da ragazzi. Un allievo di canto di Moreschi, Domenico Mancini, era un imitatore così bravo della voce del suo maestro che Perosi lo prese per un castrato (per quanto la castrazione fosse stata vietata in Italia nel 1870), e non avrebbe avuto niente a che fare con lui. Mancini divenne un contrabbassista professionista.

Officialmente, Alessandro fu membro del coro della Sistina fino alla Pasqua del 1913 (data in cui ottenne la pensione dopo trent’anni di servizio), e rimase nel coro della Cappella Giulia di San Pietro a Roma fino a un anno dopo. Intorno alla Pasqua del 1914 conobbe il musicologo viennese Franz Haböck, autore dell’importante libro Die Kastraten und ihre Gesangskunst (I castrati e la loro arte di cantare, pubblicato a Berlino nel 1927), che aveva in progetto di lanciare Moreschi in concerti che riprendessero il repertorio del grande castrato settecentesco Farinelli. Questi non si realizzarono mai: a questa data Moreschi (ormai cinquantacinquenne) non aveva più la necessaria estensione da soprano alto, e in ogni caso non aveva mai avuto la necessaria formazione operistica virtuosistica.